Tassisti e autisti Ncc uniti in Tribunale contro Uber. Con il ricorso cautelare d’urgenza per «concorrenza sleale» presentato nei giorni scorsi a Roma, è partita la «battaglia finale» alla multinazionale valutata 62 miliardi di dollari che, nelle intenzioni dei ricorrenti, dovrebbe concludersi con il blocco definitivo della app. Dopo lo stop del giugno 2015 alle corse di Uberpop — che impiegava autisti senza licenza —, ora il fronte si sposta su Uberblack, il servizio che si avvale di conducenti con regolare autorizzazione Ncc (noleggio con conducente) ma contestato dai taxi poiché non rispetterebbe le condizioni che differenziano i due servizi, in particolare la prenotazione delle corse in autorimessa e il divieto di stazionamento in pubblica via (prerogativa delle auto bianche insieme con il tassametro). Oltre alle associazioni sindacali, tra i ricorrenti ci sono sia cooperative e consorzi che uniscono i radiotaxi milanesi e romani, le due città dove è attivo Uberblack, sia società di Ncc, nonché singoli operatori titolari di licenza taxi o autorizzazione Ncc.
Sulla questione Uberblack, a monte, c’è una sentenza del Tribunale di Milano. Nel luglio 2015 il servizio era ritenuto «illegittimo» e «in contrasto con la normativa italiana» poiché «attraverso un sistema di geolocalizzazione» la app «realizza la medesima specifica modalità operativa del servizio di radiotaxi», violando così la norma che impone agli Ncc di iniziare il servizio «nella sede del vettore» e che vieta agli Ncc di «sostare sulla pubblica via in attesa dei clienti».
La notizia del ricorso d’urgenza è stata confermata dai ricorrenti. «La situazione è ormai fuori controllo — spiega Pietro Gagliardi dell’Unione artigiani provinciale —: su Milano orbitano autisti Ncc in arrivo da tutta Italia, addirittura da paesini sperduti dell’Aspromonte. Speriamo di stimolare la magistratura. Anche perché i controlli sono difficili: come fanno quattro pattuglie a controllare 15 mila Ncc?».
L’azione cautelare ex articolo 700 cpc nasconde tuttavia delle insidie. Se il giudice non dovesse riconoscere l’urgenza, si rischia di iniziare una lunga battaglia legale. L’avvocato Marco Giustiniani, —che coordina il team dello studio legale Pavia e Ansaldo che si era occupato dell’analogo ricorso su Uberpop — spiega: «Non si è agito prima poiché si pensava che le precedenti decisioni dei giudici avrebbero dissuaso Uber e spinto il governo a intervenire». Ma così non è stato. La conseguenza è che dopo gli scioperi selvaggi milanesi, tocca a Roma subire le crescenti tensioni, sfociate alla fine di novembre in una rissa all’aeroporto di Fiumicino quando un tassista volontario che indirizzava i turisti verso i «legal taxi» è stato preso a calci e pugni da autisti Ncc. Nella Capitale, peraltro, era stata attivata un anno fa una «linea U» a fermate e prezzo fissi, lungo la quale le berline nere si muovevano come se fossero una linea del metrò.
A differenza del caso Uberpop, in cui la app agiva in Italia con quattro società olandesi e una italiana, per Uberblack lo schema è più semplice: tre società olandesi e una italiana (marketing), con le operazioni tutte in capo alla «madre» Uber Bv. «Operiamo in Italia solo con regolari autisti Ncc — replicano da Uber — offrendo loro un modo in più per raggiungere i clienti. Se un tempo non c’era alternativa tra prendere i taxi in piazza o prenotare Ncc via fax, oggi le persone possono affidarsi allo smartphone. Lavoreremo per difendere la nostra posizione».
(Tratto da: Corriere.it)